The blonde salad, il blog della 27enne cremonese Chiara Ferragni |
Chiara Ferragni, dal web ad Harvard
«Dai social so cosa piace alla gente»
Il suo blog The blonde salad studiato come business di successo dall’università Usa. Con oltre 3 milioni di seguaci su Instagram, Chiara è tra gli under 30 più influenti al mondo
di Maria Egizia Fiaschetti
Chiara Ferragni alla Milano fashion week, dove ha presentato la sua ultima collezione di scarpe |
Dal monolocale in via Moscova, primo incubatore della Tbs crew (oggi la squadra conta 16 persone), alla Ivy League. The blonde salad, il blog della 27enne cremonese Chiara Ferragni con oltre 3 milioni di seguaci su Instagram, diventa un caso di studio all’università di Harvard. A gennaio, l’ateneo di Boston ha invitato «l’insalata bionda» a raccontare come sia riuscita a creare un business da 7 milioni di euro di fatturato l’anno. Il diario online, lanciato nel 2009 e premiato di recente a Berlino come il blog di stile più influente al mondo, ha partorito nuovi asset di sviluppo: dalle collaborazioni con importanti marchi del lusso (Ferragni è special ambassador, tra gli altri, di Calvin Klein, Chanel, Louis Vuitton...) alla linea di scarpe che, in sole cinque collezioni, ha raggiunto un volume d’affari di 4 milioni (le stime di crescita per il 2015 sono di due terzi). Talmente inedita per l’Italia, la storia della self-made woman, da scatenare una ridda di pregiudizi. Possibile che si sia fatta da sé? La più scontata delle obiezioni: se non fosse stata una bella ragazza... E ancora: è solo una bolla mediatica, una creatura della Rete, presto si sgonfierà. Senza contare i detrattori, acrimoniosi o semplicemente snob, scatenati sui social: troll, haters, fake creati allo scopo di sabotarne l’immagine. Difficile, non farsi influenzare. Se non fosse che l’imprenditrice, inserita da «Forbes» tra gli under 30 più influenti al mondo, sa il fatto suo. Sicura, ma senza supponenza.
Quando le chiedi di analizzare il successo
di The blonde salad, è lei la prima ad ammettere di aver avuto fortuna.
Ma il caso, si sa, da solo non basta. La chiave, allora, potrebbe
essere un’altra: l’intuizione di una giovane interattiva, con la giusta
dose di narcisismo. Che ha fiutato in anticipo — il tempo, in questo
caso, le ha regalato un innegabile vantaggio — l’irruzione del reale nel
virtuale: la riscoperta del racconto, sullo schermo di un pc o dello
smartphone. Non i fasti immaginifici delle passerelle, ma la vita di
tutti i giorni. La cronaca «griffata», questo sì, tradotta in forma di
look. Come se gli abiti fossero il tramite per parlare di sé: del
proprio lato modaiolo, ma anche di viaggi, famiglia, esperienze. Da
condividere. È questo, forse, lo snodo decisivo del «caso Ferragni».
Inspiegabile per la stessa autrice-modella-comunicatrice (la misticanza,
appunto): «All’inizio mi limitavo a postare le mie foto su Filckr e
lookbook — racconta Ferragni — e nei commenti tutti mi chiedevano la
descrizione, volevano la storia...». Su Instagram continua ad accadere
lo stesso: «Appena pubblico una nuova immagine, subito si scatena la
curiosità». Non a caso, anche alcuni tra i più noti designer si sono
accorti dell’importanza di gestire i social in prima persona, mettendoci
la faccia. Chissà che la realtà non stia diventando la nuova via di
fuga, più avvincente della fantasia. Di certo, con il suo stuolo di
follower, Ferragni riesce subito a capire cosa piacerà o sarà un flop:
«Prima di ogni nuovo post so già se avrà successo, quale sarà il capo o
l’accessorio di punta di una collezione». Strumento immediato, per
saggiare i gusti del pubblico.
Motivo per cui, nei piani di sviluppo, i
contenuti sono fondamentali. E il blog, da strumento autobiografico, si
sta trasformando in un magazine vero e proprio. A più voci. Ed è ancora
sui contenuti, non sull’immagine o sulla popolarità, che si gioca il
rapporto con i grandi brand. «Piuttosto che fare da testimonial o
sposare marchi che non mi rappresentano — sottolinea Ferragni —
preferisco collaborare offrendo un valore aggiunto. Se accettassi
qualsiasi proposta solo per denaro o per ottenere in cambio capi
firmati, sul web non me lo perdonerebbero». Nessuna paura di
invecchiare, della concorrenza? «In Italia sono stata la prima — insiste
l’autrice di The blonde salad — . È positivo che alcuni mi abbiano
seguito, l’importante è la motivazione: se si apre un blog di moda solo
per presenzialismo, per gli inviti e i regali, non si va molto lontano».
Come si immagina tra vent’anni? «Il mio orizzonte è il 2015, non riesco
a fare previsioni più a lungo termine... Una cosa è certa: punto al
massimo. Da eterna insoddisfatta, cerco di pormi sempre nuovi
obiettivi».
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