martedì 29 aprile 2014

RACCONTI HORROR


ispirati a questa foto

Il sogno

di Cecilia

Elena si svegliò tutta sudata e con il respiro affananto, aveva ancora fatto quello strano sogno che ormai popolava le sue notti da mesi. Nel sogno correva in un labirinto di corridoi, indossando un antico vestito bianco con uno strascico lunghissimo. Sembrava quasi che stesse cercando di scappare da qualcosa, o qualcuno, che la stava inseguendo.
Mentre era ancora persa trai i suoi pensieri, la voce acuta della sua amica Bonnie la riscosse dicendole che era ora di prepararsi. I capelli ricci e rossi della sua amica contornavano un viso ovale dalla carnagione scura. Non era molto alta ed era sempre stata fedele a Elena: “Non vedo l’ora di visitare i castelli!” disse Bonnie con aria eccitata. Ma Elena non ne era molto convinta  poiché il suo sogno era ambientato in un antico castello.
Tutti i suoi compagni di classe erano già sul pullman, compresa Bonnie, e lei era in ritardo come al solito: “Muoviti Elena” le dissero in coro.
Arrivati al primo castello Elena alzò lo sguardo e si sentì percossa da un brivido:  il misterioso castello dei suoi sogni era proprio davanti ai suoi occhi color lapislazzuli. C’era un vento gelido e pezzi di foglie si posarono delicatamente su i suoi capelli biondi: “Andiamo ragazzi, dobbiamo entrare. Sta per venire a piovere” disse Alarick, il suo insegnante di storia europea. Elena tentennò per un istante e alla fine, incoraggiata dalla sua amica Bonnie e dal suo migliore amico Matt che erano a conoscenza del suo strano sogno, si decise a entrare.
Elena aveva uno sguardo attento e si girava ogni due per tre per assicurarsi di non essere seguita da nessuno. Mentre la scolaresca confluiva in un’altra stanza del castello Elena vide una porta socchiusa dalla quale si intravedevano due occhi verdi. Spaventata, raggiunse i suoi compagni senza dire una parola: “Dove ti eri cacciata?” chiese Matt con aria preoccupata. “ Mi sono solo fermata ad allacciarmi la scarpa” rispose lei sperando che il ragazzo se la fosse bevuta.
Durante tutto il tragitto Elena non aveva aperto bocca e pensava continuamente a quegli occhi verdi. Di chi potevano essere? Ma all’improvviso tutta la scolaresca si fermò di colpo: “Cosa sta succedendo?” chiese Elena. “Non lo so” rispose Bonnie “Non riesco a vedere”. Presa dall’agitazione Elena si fece strada per raggiungere l’inizio del gruppo. All’improvviso vide un ragazzo giovane, molto attraente. Lei iniziò a scrutarlo con occhi curiosi. Era vestito con jeans e una giacca di pelle nera. Il labbro superiore era leggermente alzato, molto scolpito, decisamente seducente pensò lei. Zigomi alti e una carnagione olivastra. Lo sguardo di lei incrociò i suoi occhi verdi smeraldo, identici a quelli che aveva intravisto prima. Elena non disse niente. Era come ipnotizzata, confusa. Non capiva come mai quel bellissimo ragazzo che stava catturando la sua attenzione in modo misterioso, la stesse spiando: “ Io sono Stefan. Stefan Salvatore. Sono il propritario di questo castello. Prima apparteneva alla mia famiglia, ma visto che sono tutti morti ora è di mia proprietà”. 
Il silenzio che era calato durante il discorso del giovane ragazzo svanì e tutti incominciarono a farsi domande, ma Elena no. Lei restava ferma a guardarlo e lui faceva la stessa cosa con lei. Per qualche strano motivo i due sembravano conoscersi da molto tempo. Intanto Matt e Bonnie la stavano chiamando ma le loro loro voci non distolsero l’attenzione di Elena da Stefan. Improvvisamente le luci si spensero e nella sala calò il buio più totale. Si sentì una voce terrorizzata dire: “ Qualcuno faccia qualcosa! E’ opera di quello strano individuo. Cosa aspettate accendete le luci e prendetelo!”. Era la voce di Caroline, la rivale nemica di Elena dai tempi delle elementari. Aveva capelli castani e occhi pieni d’odio quando vedeva Elena. Nell’attimo successivo le luci si riaccensero. Stefan era scomparso. Si sentì una voce dire: “ Andatevene dal mio castello o sarete imprigionati per sempre. Uscite immediatamente”. Tutti cominciarono a spingere per raggiungere l’uscita. Arrivati sul pullman il professore iniziò a contare gli studenti: “ Ne manca uno” disse “ Dove è Elena Gilbert?” Matt e Bonnie si guardarono con aria preoccupata e in coro dissero: “ Noi torniamo dentro a cercarla”. “Neanche per sogno miei cari ragazzzi” rispose il professore “Nessuno si muove di qui” e guardando l’autista gli fece segno di partire.
Elena si svegliò. Durante quel periodo di sonno aveva sognato. Nel sogno non correva più in un labirinto di corridoi, ma danzava con qualcuno che non riuscì a identificare. Dopo essere rimasta sveglia per un po’, si accorse che si trovava in un letto dai ricami splendidi. Le lenzula di seta erano fresche e così morbide che Elena fece fatica a togliersele di dosso. Si alzò e si diresse verso uno specchio, ancora confusa. Indossava l’abito del suo sogno, ovvero un’antico vestito bianco con uno strascico lunghissimo. Non si era mai accorta di quanto fosse bella e aggraziata con quell’abito che le faceva risaltare i suoi occhi azzurro lapislazzuli e si intonava perfettamente con la collana che idossava. I capelli biondi che le contornavano il viso pallido e confuso erano raccolti, tranne alcune ciocche che scendevano delicatamente sul vestito. Si intravedevano due orecchini pendenti d’argento, poi si accorse che era scalza.  Elena non era spaventata perché per qualche strano motivo si sentiva a casa. Si girò e vide Stefan in un abito da sera molto elegante. Non riusciva a parlare e le gambe le tremavano. Lui le si avvicinò tanto che le loro labbra si trovavano a pochi centimetri di distanza e lei provò imbarazzo ma anche un profondo desiderio di baciarlo. In mano teneva due graziose scarpette con qualche centimetro di tacco. Si chinò e gliele mise ai suoi piccoli piedi molto curati. Le unghie erano colorate di rosso e ben curate. Si sentiva una musica di sottofondo e lui disse: “ Mi concedete l’onore di questo ballo?”. Si sentì uscire dalla bocca a forma di cuore e leggermente arrossata di Elena un dolcissimo “Sì”. 
I due iniziarono a ballare per cinque minuti e poi si baciarono, ma l’istante successivo Sefan aprì la bocca dalla quale gli spuntarono due lunghi e appuntiti canini: “ Stefan” disse lei terrorizzata “ Cosa stai facendo?” ma lui sembrava non ascoltarla. Appoggiò la sua bocca sul collo di lei e iniziò a succhiarle il sangue. Dopo un po’ Elena lo allontanò. La bocca del ragazzo era contornata di sangue e gli occhi verdi che prima erano seducenti addesso erano pieni di odio, come quelli di Caroline. Elena provò paura, una paura strana che però era anche curiosa. Lei voleva sapere. Stefan si pulì la bocca sulla giacca dell’abito e poi si sedette. Iniziò a parlare del suo passato: “Elena io sono un mostro. Sono un vampiro. Vivo nell’ombra da cinquecento anni. Ed è tutta colpa di Meredith. Io ero stato promesso sposo a lei, ma non la amavo. I suoi occhi neri come la notte e i capelli lisci altrettanto scuri non mi avevano mai attratto. Così la notte prima del nostro matrimonio ho deciso di scappare con Katherine, la ragazza che realmente amavo e tu sei identica a lei a partire dagli occhi. Forse lei era un pelo più bassa di te e nei suoi occhi non si vedeva la stessa grinta che si vede nei tuoi. Katherine era debole, invece tu possiedi una forza incredibile. Però il colore degli occhi, i lineamenti fini, la bocca piccola a forma di cuore, la carnagione pallida, la figura snella e i capelli biondi leggermente ondulati mi ricordano davvero lei. Poi, se ti guardo con questo vestito che apparteneva a lei e con i capelli raccolti non riuscirei proprio a distinguervi. Comunque ritornando alla storia…. Io e Katherine stavamo scappando quando all’improvviso sentii la voce di Meredith che mi chiamava e me la ritrovai davanti. Lei strappò il cuore alla mia amata Katherine davanti ai miei occhi e mi trasformò in un vampiro condannandomi a un’eterna vita di solitudine. Sperava che così io potessi vivere con lei, ma io mi rifiutai. Come poteva solo pensare che io avrei vissuto con lei dopo aver ucciso in quel modo Katherine? Allora decisi di scappare e di rifugiarmi qui, nel castello di mio fratello Damon, ma quando morì tutta la sua proprietà divenne mia. Siccome non sapevo cosa farne decisi di esporlo alla gente. Anche se i vampiri non possono sognare, nell’ultimo periodo iniziai ad avere delle visioni di Katherine, ma poi mi resi conto che non era lei perché vestiva con abiti moderni e cinquecento anni fa le donne non indossavano i jeans! Allora iniziai a cercare la donna che assomigliava cosi tanto alla mia amata. E infine vidi te Elena. Così iniziai a mandarti  delle visioni per attirarti qui” si interruppe un attimo e disse con voce trattenuta: “Il tuo sangue è così dolce e il tuo profumo al gelsomino mi cattura”. 
Gli occhi di Stefan puntavano il collo di Elena dal quale si intravedeva una vena. Lui riuscì a percepire il battito della ragazza. Era accellerato e lei sembrava non riuscire a controllarlo. Stefan le si avvicinò e lei fece un passo indietro: “No ti prego, non avere paura di me. Non allontanarti, non voglio farti del male”. Elena era agitata, poi la mano calda di Stefan si alzò lentamente e le accarezzò la guancia. Lei lo guardava negli occhi verde smeraldo e si rese conto che non puntavano più al suo collo. Stefan appoggiò le labbra alla fronte di lei e poi, con grande sforzo disse: “Ho sempre voluto che la ragazza che è morta per colpa mia, ovvero Katherine, fosse l’artefice della mia morte. Così ho scelto te, la sua sosia”. Elena aveva capito tutto, ma non voleva ucciderlo perché sentiva di essersi innamorata di lui. Non provava più terrore: “ Stefan non posso” disse lei con gli occhi pieni di lacrime. “Devi farlo” rispose lui “Devi farlo per me così potrò raggiungere Katherine e iniziare la mia vita con lei”. Elena continuava a piangere e a fare “no” con la testa. “Come faccio ad ucciderti?” disse lei con voce soffocata. “Devi prendere questo paletto di legno e conficcarmelo nel cuore” rispose lui. Elena lo prese e lo guardò: “ Sei sicuro che ucciderti sia la cosa migliore per Katherine? E soprattutto sei sicuro di voler morire?” disse lei sempre con la voce soffocata dalle lacrime. “Sì, sono pronto. Ti prego fallo” rispose lui. Elena guardò il paletto che teneva nelle sue mani affusolate. Lo strinse forte e con un colpo secco e deciso lo conficcò nel cuore di Stefan: “Riposa in pace” disse lei.
 


La strana notte di Maggie

di Nina 



     Era una notte buia e tempestosa, io ero appena scappata da casa e stavo addentrandomi nella foresta; dove poco tempo dopo trovai immezzo alla nebbia un imponente castello, con i vetri delle finestre tutti rotti.
     Mi avvicinai alla grande entrata ed aprii la porta, che iniziò a cigolare. Appena appoggiai i piedi le assi del pavimento iniziarono a scricchiolare.
     Quando chiesi se c’era qualcuno, non ebbi nessuna risposta e la mia voce rimbombò nel castello; così iniziai a salire le scale e sentii un rumore strano, come se un vaso fosse caduto per terra, a tal punto iniziai a rabbrividire.
     Così corsi nella stanza davanti a me, e mi accucciai in un polveroso angolo sotto una finestra spalancata da cui passava un vento pungente, tremavo come una foglia, mi sentivo abbandonata.
Ad un certo punto sentii una voce d’oltretomba, che mi diceva: ”Torna a casa Maggie! Torna a casa Maggie!”. Non mi sentivo per niente bene.
     Dopo poco sentii le voci angosciatissime dei miei genitori che urlavano: “Tesoro dove sei torna da noi!”. Iniziai a piangere. In quell’istante le mie lacrime goccia dopo goccia iniziarono a indicarmi la strada per raggiungere la mia famiglia; peccato però che la strada era in salita, quindi le lacrime iniziarono a scivolare lungo la foresta formando un bellissimo torrente. Alla foce del torrente trovai una grande canoa con un solo remo. Ci salii immediatamente sapevo che quella era la strada sicura per ritornare da mia mamma e da mio papà, iniziai così una burrascosa navigazione soprattutto perché c’era molto vento e molta pioggia, che mi impedivano di vedere bene.
     Mi chinai verso l’acqua e nel riflesso vidi me e i miei genitori, mia mamma parlava, e diceva: “Sveglia Maggie! Sveglia! Stai facendo tardi.”, aprii gli occhi abbracciai mia madre e capii che il castello dei brividi era tutto un sogno.
 


Villa Leyla 

di Rehman
  
     Leyla si trova nel bosco, tutta infreddolita, l’arco e le frecce sulle spalle, per cacciare la poca selvaggina ancora rimasta per poter sopravvivere.
     Si sente molto affamata, sola e strana.
     La sua vita è completamente cambiata dopo che alcuni uomini hanno ucciso la sua famiglia;  lei, si è salvata grazie al padre, che l’ha nascosta nel bosco dietro la casa, dove era stata scavata una buca molto profonda, usando una canna da bambù per farla respirare  (forse il papà  sapeva già quello che sarebbe accaduto?).
     Ora, Leyla ha deciso di lasciare la città dove è nata e andare verso sud nel luogo dove ha vissuto suo padre da giovane, per cercare e capire i motivi per cui tutta la sua famiglia è stata uccisa.
     Usa tutti i passaggi che riesce ad ottenere, qualche volta si attacca di nascosto dietro a treni, autobus e camion, sono giornate faticose in cui si sente una povera ragazza sola costretta a fare cose poco piacevoli.
     Deve usare tutte le precauzioni necessarie per non farsi trovare perché pensa che quegli assassini la stanno cercando, quando entra in qualche città cerca di trovare sempre un nascondiglio diverso dormendo in fattorie o vecchie case abbandonate.
    Arriva nella città del padre e nota una vecchia villa in pietra con un aspetto orribile che le ricorda la casa degli orrori vista in un Luna Park quando era bambina, nonostante il forte temporale in corso che illumina i dintorni con lampi e stordisce con tuoni rumorosissimi, decide di visitarla.
     Non può fare a meno di notare che questa villa  si chiama come lei “Villa Leyla”, questo la incuriosisce quindi bussa alla porta, nessuno risponde, allora fa un giro intorno alla casa, attraverso una finestra con i vetri rotti entra all’interno e comincia ad esplorare.
     Le stanze sono tutte arredate con vecchi mobili, vi sono ragnatele e polvere ovunque, il tutto sembra abbandonato da tanto tempo ma quando raggiunge  il sotterraneo le si presenta una visione da incubo.
     In un laboratorio, sulle barelle sporche e arrugginite, vi sono dei corpi di uomini, donne che hanno subito un’operazione al cervello.
     Alcune teste avevano delle enormi cicatrici, altre avevano ancora il cranio aperto, tutte erano morte.
      Il sangue era sparso sul pavimento, l’odore insopportabile.
     Leyla esce nel giardino, si siede sul terreno umido di pioggia e, dopo aver vomitato, piange e si ripromette di scoprire chi ha commesso quell’orrore.
     Decide di andare dalla polizia per denunciare il fatto ma quando ritorna alla villa con gli agenti, i cadaveri sono spariti e tutto è stato ripulito; dopo una sgridata per aver fatto perdere tempo alla polizia, la ragazza, delusa, camminando per il paese, vede  un’agenzia di investigazioni.
     L’investigatore è un bel ragazzo alto, con capelli neri lisci e occhi colore delle mandorle di nome Dexter che le ispira fiducia quindi gli racconta tutta la sua storia e accetta il suo aiuto.
     Dopo alcune indagini, sembra chiaro che  il padre di Leyla  aveva inventato un chip che doveva essere usato come videogioco virtuale per i ragazzi ma un’organizzazione criminale aveva scoperto che lo stesso chip  messo nella testa delle persone permetteva di controllare le azioni di queste persone che potevano, a comando, diventare ladri, assassini e tutto quello che poteva servire all’organizzazione per arricchirsi.
     Suo padre aveva scoperto tutto, li aveva affrontati, e per questo era stato ucciso prima di potersi rivolgere alle forze dell’ordine.
     Raccolta tutta la documentazione che prova il crimine commesso, Leyla e Dexter si rivolgono al FBI per far arrestare le persone dell’organizzazione che hanno distrutto la sua famiglia e tutte le vittime.
     Tutto finisce bene perché finalmente Leyla ha fatto giustizia e non è più sola;  lei e David diventano buoni amici.





Kelly la satanica

di Lorenzo
 
     Jack e Mary, una coppia di sposini, vanno in un castello per passare la loro luna di miele. Lì viveva, molti anni prima, Kelly, una signora satanica che fu uccisa sul rogo dai cittadini del paese poco distante: Odenville.
     Si dice che da quel giorno la sua anima vaghi per quel posto maledetto.
     Jack e Mary sperano di vivere una vacanza esotica, ma non sanno a che cosa stanno andando incontro.
     Per sei giorni va tutto bene, ma il settimo giorno Kelly compare per la prima volta: più bianca di un lenzuolo, gli occhi più rossi del sangue e i capelli neri come la notte.
     Il giorno dopo la coppia va dal prete di Odenville per chiedere chi è quell’anima dannata che li ha tormentati la notte precedente. Lui risponde impaurito che è Kelly la satanica e dice loro che è meglio non avere a che fare con il demonio.
     L’ottava notte Jack si alza di soprassalto e vede che Mary non è nel letto, allora va in soggiorno e lì trova il corpo senza vita della sua sposa. Preso dal panico, alza la testa e si accorge che sul muro c’è una scritta fatta col sangue che dice: “Il prossimo sarai tu”.
     Sempre più spaventato, Jack si precipita verso l’uscita del castello ma, arrivato al portone non riesce ad aprirlo. Quando si gira vede Kelly che gli dice: “Ora che ho ucciso tua moglie, tu rimarrai con me per l’eternità”.
     Kelly si impadronisce del corpo di Jack rendendolo suo schiavo per sempre.
     Ogni giorno però Jack brama una morte vera per raggiungere finalmente la sua amata nell’aldilà.