sabato 29 novembre 2014

I SONETTI DI BELLI


Gioacchino Belli (Roma, 1791 – 1863)

Er lavore

Nun vojjo lavorà: ccosa ve dole? [2]
Pe sta vita io nun me sce sento nato.
Nun vojjo lavorà: mme sò spiegato,
o bbisoggna spregacce[3] antre[4] parole?
               
A ddiggiuno sò ffiacco de stajole; [5]
e ddoppo c’ho bbevuto e cc’ho mmaggnato,
tutto er mi’ gusto è dde stà llí sdrajato
su cquer murello che cce bbatte er Zole.


Note

  1. Il lavoro.
  2. Cosa volete?
  3. Spregarci.
  4. Altre.
  5. Gambe. 

V. Gassman legge G.G. Belli, Er giorno der Giudizio 

Un'altra lettura

Un'altra lettura 

Un'altra lettura 

Er giorno der giudizzio

Quattro angioloni co le tromme in bocca
Se metteranno uno pe cantone
A ssonà: poi co ttanto de vocione
Cominceranno a dì: "Fora a chi ttocca"

Allora vierà su una filastrocca
De schertri da la terra a ppecorone,
Pe ripijà ffigura de perzone
Come purcini attorno de la biocca.

 
E sta biocca sarà Dio benedetto,
Che ne farà du' parte, bianca, e nera:
Una pe annà in cantina, una sur tetto.

 
 All'urtimo uscirà 'na sonajera
D'angioli, e, come si ss'annassi a letto,
Smorzeranno li lumi, e bona sera.
Il giorno del giudizio

Quattro grandi angeli, con le trombe in bocca,
Si disporranno ai quattro angoli dell'universo
A suonare: poi con una gran vociona
Cominceranno a gridare: "Sotto a chi tocca".

Allora comincerà a venire su una lunga fila
Di scheletri da sottoterra, camminando carponi
Per riprendere la forma umana
Raggruppandosi come fanno i pulcini con la chioccia

E questa chioccia sarà Dio benedetto
Che li dividerà in due parti, buoni e cattivi
Questi da sprofondare all'inferno e quelli da mandare in Paradiso

Alla fine verrà una schiera
D'angeli e, come quando si va a dormire,
Spegneranno tutte le luci e buona notte!
 

La fonte iconografica del sonetto


La Resurrezione della Carne di Luca Signorelli nella Cappella di San Brizio del Duomo di Orvieto
A una prima considerazione verrebbe da pensare che Belli, nella descrizione di questo Giudizio universale, si sia rifatto al famoso affresco di Michelangelo soprattutto per il verso iniziale di quei quattro angeloni che richiamano le immagini statuarie del pittore della Cappella Sistina; ma basta poco per capire che non è così quando il rimanente del verso descrive un universo con quattro cantoni dando una limitazione spaziale più congeniale alla mente semplice del plebeo romano che molto probabilmente, al contrario del poeta, non era mai entrato nella Sistina. La critica letteraria ha infatti osservato come la descrizione del giudizio, nel proposito di Belli di mantenersi distinto dal suo protagonista plebeo, si rifà piuttosto a un qualche quadro barocco  presente in una delle tante chiese romane che colpiva per i suoi toni enfatici, molto di più delle forme classiche michelangiolesche, la fantasia popolare. La conferma verrebbe poi anche dalla descrizione dei trapassati come una filastrocca de schertri a pecorone raffigurazione tipica della iconografia della morte diffusa nell'età della Controriforma, che nella Roma ottocentesca del Belli è ancora viva e operante.

Ma è molto probabile  che un'ulteriore e diretta fonte iconografica possa vedersi negli affreschi di Luca Signorelli per la Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto, che Belli, nei suoi frequenti viaggi giovanili verso le Marche e nei successivi in Umbria a trovare il figlio Ciro studente, aveva visitato spinto, forse, anche da un certo interesse di documentazione "etnografica" nei confronti della reliquia del miracolo eucaristico di Bolsena ivi conservata.

La conoscenza dell'affresco de "La resurrezione della carne", è testimoniata dalla forte affinità che si riscontra con i versi del sonetto: la presenza dei grandi angeli con le trombe in bocca (in questo caso due, data la bidimensionalità del dipinto, ma che rimandano alle due schiere dei santi e dei reprobi che vanno formandosi), ma, soprattutto, gli scheletri che escono carponi dalla terra, si rialzano e riprendono la loro figura umana e, per finire, la sonagliera di angeli che turbina sullo sfondo.

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