I trenta anni di Jacopo chirurgo
I trenta anni di Sofia insegnante
I trenta anni di Beatrice attrice
Ero
in sala operatoria a salvare la vita di un povero bambino con un tumore maligno
ai polmoni.
“Pinze.”
“Tenga.”
“Lo stiamo perdendo, passi il bisturi.”
Vidi ad un certo punto il cuore
fermarsi, rimasi fermo e incredulo. Ad un certo punto mi uscì una lacrima: mi
attraversò tutta la guancia, la feci scendere, e infine cadde sul piedino del
piccolino. Non avevo mai pianto per un bambino,
ma per lui sì, era il mio Giacomino.
Uscii dalla sala operatoria piangendo,
vidi mia moglie Eleonora, e le feci di no con la testa. Lei cadde a terra
piangendo.
La presi in braccio e la portai in
macchina. Arrivammo a casa di mia madre, che era la più affezionata a Giacomo
oltre a noi: era lì pronta a consolarci, piangemmo tutta la notte.
Ore
8.00 - Mi svegliai di soprassalto, vidi
mia moglie dormire ancora, e il piccolo Giacomino poltrire come un ghiro,
indossava il suo pigiama preferito: una
maglietta con la scritta Superman e i
pantaloni a righe. Era stato un incubo fortunatamente.
Li svegliai tutti e due e dissi loro
che saremmo andati a fare una gita al mare. Ci preparammo e partimmo verso
Lerici. Arrivati là, facemmo tanti bei bagni e dopo un picnic tornammo a casa
tutti felici.
Sono sulla terrazza di casa mia; dopo le medie mi sono trasferita a
Venezia per il lavoro di mio padre. Sono passati trent’anni da quando
vivevo a Milano e ho deciso di tornare. Sinceramente sono molto
cambiata da quando frequentavo le scuole medie: ora ho 30 anni, sono abbastanza
alta, ho i capelli corti e ho tolto definitivamente gli occhiali. Per il resto
sono sempre io: mi piace la musica moderna e gli animali.
Dopo le medie sono
andata al liceo linguistico di Venezia dove, dopo la maturità, mi sono laureata
in lingue. Ora sto cercando lavoro come insegnante: a Venezia non ci sono
posti liberi e quindi ho deciso che anche per cercare lavoro sarei andata
a Milano. Anche se mi sono trasferita a Venezia, ho ancora dei
buoni contatti con tutti i miei ex compagni di classe delle medie.
E’ l’11 agosto
2031: mi sono svegliata come tutte le mattine, con una bella leccata da
Kira, il mio cane. È una cagnolina bellissima, ha il pelo dorato e gli occhi
marroni. Quella mattina non sarebbe stata come tutte le altre, io e Kira
saremmo tornate a Milano. Mentre preparo le valige mi arriva un
messaggio:
<<Ciao, Sofia, sei già partita?>> E’ Maria, una mia ex
compagna di classe, io le rispondo che sono in partenza e sarei arrivata per
l’ora di cena. Entro in macchina, una Jeep verdastra con grosse macchie
di fango qua e la sui parafanghi, accendo la radio e incomincia il
lungo viaggio.
Verso le 20.00 arrivo a
Milano, prenoto una stanza all’ Hotel Doria, un hotel vicino alla mia vecchia
casa, faccio un giro del quartiere e noto come è cambiata la mia zona da
quando mi sono trasferita a Venezia: hanno costruito tanti grattaceli, il
parco dove io andavo a giocare da bambina è diventato un grosso
parcheggio e tutti i negozi sono cambiati: non c’era più Grom, la
gelateria dove andavo sempre a prendere quei grossi gelati al gusto cioccolato
e stracciatella.. un po’ mi dispiace che la mia zona sia cambiata così tanto.
Dopo qualche ora mi
arriva un altro messaggio:
<<Sei
arrivata?>> Questa volta è Arlene,
sempre una mia ex compagna di classe, io rispondo di sì e le dico dove mi
trovo. Prima di rientrare nell’ hotel sento una voce che mi chiama:
<<Sofia, Sofia!!!>> Io mi giro e vedo Michele che mi dice:
<<Ti va di venire a mangiare una pizza?>>
<<Sì>> rispondo io; sinceramente ho un po’ di fame: durante
il lungo viaggio non mi sono neanche fermata a mangiare. Arrivati
in pizzeria mi ritrovo tutta la mia ex classe che dice:
<<<Auguri, Sofia!!!>>
E’ il mio compleanno! Mi
si è quasi fermato il cuore da quanta gioia provo: tutti i miei amici si
sono ricordati che oggi è il mio compleanno!!! Non me lo sarei mai
aspettato. Abbiamo parlato a lungo ci siamo raccontati tutta la nostra vita
dopo le medie: c’è chi si era sposato e ha dei figli, chi è diventato un
importante avvocato e chi ha un’azienda molto lussuosa, c’è chi, come me, deve
trovare un lavoro e chi deve ancora finire di laurearsi perché ha abbandonato
gli studi.
È stata una festa
bellissima, mi sono divertita tantissimo: non me la scorderò mai.
I trenta anni di Beatrice attrice
Suona la
sveglia. Bea, assonnata, si alza sollevando il piumino caldo e avvolgente.
Dalla finestra entra una luce chiara e calda: è l'inizio di una bellissima giornata.
Nica si stiracchia scodinzolando. Stropicciandosi gli occhi, Bea si dirige in
bagno, si lava la faccia e si pettina i capelli lunghi e mossi, con le punte
azzurre. Si mette i pantaloncini corti e una maglietta sportiva rossa, esce di casa senza far rumore con le
cuffiette alle orecchie, allacciando il collare a Nica.
Bea e Nica
corrono per una mezz'oretta sul ponte vicino a Tribeca. Qualche anno prima ci
passava la metropolitana, ma ora è una splendida zona pedonale, soprattutto
nelle prime ore della mattina, quando l'alba sta per finire ed è rimasta ancora
l'aria fresca della notte.
Dopo aver
fatto la sua corsetta mattutina, Bea si prepara e si lava, ed esce di nuovo per
le strade di New York. Si ferma allo Starbucks, prende un caffè lungo e si
dirige verso Broadway: una giornata del suo fantastico lavoro la attende. Si è
truccata poco, solo un po' di mascara sulle ciglia. Camminando ammira la
bellezza dell'Empire State Building, altissimo e maestoso. La mattina a New
York è tutta un'altra storia: la luce si riflette sui grattacieli; gente di
tutti i tipi cammina sui larghi marciapiedi: alcuni prendono il giornale,
alcuni portano fuori il cane, altri invece, come Bea, si dirigono al lavoro,
bevendo il caffè bollente.
Entra nello
studio: tanta gente indaffarata che gira silenziosamente con luci, scale e
attrezzi per la scena. Ci sono praticamente tutti: truccatori, stuntmen,
tecnici della luce e del suono, comparse, cameramen e in fondo, seduto su una
sedia pieghevole con su scritto a caratteri decisi “DIRECTOR”, c'è il regista.
E' l'unico che parla ad alta voce, è sempre serio e concentrato, con in mano i
copioni. Bea incontra anche Matt e Barbara, i due attori protagonisti, insieme
a lei. Il set è pronto, la solita scena che provano da due giorni perché non è
mai perfetta. Bea si siede e le fanno il make-up. E' quasi un'altra persona:
occhi truccati di tanti colori e ciglia lunghe e colorate. Indossa il vestito
del set, bellissimo, nero e lungo.
“Ciak uno!
Si gira!” Finalmente le scena viene perfetta. Per tutta la mattina si girano le
scene più avvincenti, persone con costumi favolosi e trucchi appariscenti
girano per il set. All'una e mezza si ferma tutto per l'ora di pranzo. Bea va
al bar dello studio cinematografico e prende un panino. La giornata di lavoro
finisce alle sei e mezza.
Tornando a
casa, Bea incontra Tom che porta a spasso Nica; li saluta entrambi, lui e Bea
stanno insieme da un anno e mezzo. Decidono di fare una passeggiata al Central
Park, chiacchierando della giornata. Sta iniziando la primavera, i colori degli
alberi sono luminosi e sgargianti e l'atmosfera è fantastica: gente che si
allena, legge, cammina e va in bici. Quando si entra a Central Park ci si
scorda di essere a New York. Bea è un po' stanca, ma non le importa, le basta
stare con loro e fare il suo lavoro stupendo, come aveva sempre sognato.
I trenta anni di Cecilia cardiologa
L’odore inebriante di caffeina mi fa aprire gli occhi: un
buongiorno magnifico. Mi alzo e mi dirigo verso la cucina. Filippo, mio marito,
mi ha preparato una colazione squisita: ci sono due croissant, farciti con il cioccolato,
appena sfornati e il caffè è una dei più buoni e intensi che abbia mai bevuto.
Con l’acquolina in bocca mi siedo al tavolo; di fronte ho una magnifica vista:
Filippo è intento, come non mai, a tagliare due fette di bacon. Intravedo due
goccioline di sudore che gli rigano la fronte per poi andarsi a posare
delicatamente sul suolo. Gli do un piccolo bacio e dopo mi metto ad assaggiare
tutte quelle delizie.
Finita
la colazione più bella e più buona della mia vita, mi alzo e vado in bagno a
lavarmi.
Dopo
aver scelto i vestiti e perfezionato il trucco, mi dirigo verso Filippo per
salutarlo. Mi fermo a osservarlo: è proprio bellissimo. Ha dei lineamenti dolci
e fini, una bella bocca carnosa, gli occhi color verde intenso e una carnagione
molto chiara. I capelli biondi, con qualche richiamo dorato, leggermente ondulati,
gli cadono leggeri otto le orecchie.
Guardo
l’orologio e mi rendo conto che è davvero tardissimo; controvoglia mi privo di
quella magnifica vista e, dopo averlo salutato per bene, esco di casa per
andare al lavoro.
Quando
mi fermo a un semaforo, penso a quanto
sono fortunata ad avere un bel lavoro, nonostante la crisi che c’è in giro.
Sono riuscita a laurearmi in medicina ventiquattro anni e adesso lavoro come
cardiologa in una clinica per persone, soprattutto bambini, malati di cancro.
Mi piace il mio lavoro perché oltre a passare tanto tempo con le persone ,
cerco di dar loro una speranza, una ragione per cui lottare, ma, a volte, mi
affeziono in particola modo ai pazienti e finisco per piangere quando purtroppo
non ce l’hanno fatta.
Arrivata
in clinica, saluto Hanna, la mia migliore amica, e mi dirigo nella stanza di
Harry, il mio paziente preferito. Ha dodici anni e convive da tre anni con un
tumore al cervello: è un ragazzo simpatico, ottimista e speranzoso. Facciamo
bei discorsi e spesso lo porto alla biblioteca per ragazzi perché gli piace
molto leggere. Il suo libro preferito si intitola “Segui il tuo cuore”: lo ha
letto circa nove volte. Nonostante la chemioterapia, è un bel ragazzo: gli
occhi sono neri come la pece, ma molto profondi e i suoi lineamenti sono già
quelli di un uomo.
Dopo
aver passato un’intera mattinata con Harry, io e Hanna andiamo a mangiare al
nostro bar preferito “Il panino giusto”.
Osservo Hanna mentre mangia un hamburger e noto le sue piccole dita affusolata
da suonatrice di pianoforte. Una puntina di maionese le si posa sull’angolo
della piccola bocca cuore. Con degli strattoni cerca di spostarsi i lunghi
capelli lisci dietro le orecchie: è molto buffa. Mentre la guardo mi rendo
conto che la conosco da più di dieci anni: un sacco di tempo.
Finito
il pranzetto tra amiche, torno a casa e mi dedico al libro che sto scrivendo in
attesa del ritorno di mio marito.
Quando
arriva Filippo, cuciniamo insieme la nostra pasta preferita e ci mettiamo
accovacciati a vedere, per la millesima volta, Pearl Harbor.
Più lo
guardo e più mi rendo conto che mi sono innamorata di lui come quando ci si
addormenta: prima piano piano, poi profondamente.
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