Scheda di lettura
di Jacopo
Identikit
Titolo: Per questo mi chiamo Giovanni
Autore:
Luigi Garlando
Casa
Editrice: Best BUR Rizzoli
Anno
di stampa: 2004
Descrizione di un personaggio
(Rocco Chinnici, magistrato
collega di Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia nel 1983 – pag. 55/56)
“L’omertà
è la più grande qualità dell’uomo d’onore: nun
lu sacciu, non lo so, non ho visto. Per me è vero il contrario: la più
grande qualità di un uomo è aiutare la giustizia a punire i colpevoli e a
liberare la gente dalla paura dei prepotenti. Per fortuna quando Giovanni
arriva al tribunale di Palermo, trova qualcuno che la pensa così. Si chiama
Rocco, è un magistrato già anziano, ma duro come la roccia, uno che non ha
paura di nulla. Non gli interessa fare carriera o tenersi buoni i potenti della
città. Il suo mestiere è fare giustizia e solo quello gli interessa. Sai quei
vecchi sceriffi del West che non si fanno corrompere e prendono a calci nel
sedere anche i giovani pistoleri? Rocco era cosi. Al mostro non piaceva affatto
perché non poteva raggiungerlo coi suoi tentacoli: impossibile spaventarlo e
tanto meno comprarlo. E poi faceva spesso una cosa che il mostro proprio non
poteva sopportare.”
…
“Andava a scuola”
…
“Rocco andava nelle scuole
di Palermo a spiegare cos’è la mafia…”
Dialogo
( Il papà racconta a
Giovanni la storia di Giuseppe, rapito dalla mafia, ucciso e sciolto nell’acido
– pag. 48/49)
“Papà
si chinò un’altra volta verso lo zaino e questa volta tirò fuori un fotografia,
un piccolo calciatore di Subbuteo e una bustina di aspirina. Mi passò la
fotografia che ritraeva un ragazzino a cavallo, con gli stivali e il cappellino
da fantino, mentre saltava un ostacolo. Un gran bel salto. Doveva saperci fare,
quel ragazzino.
“
Si chiamava Giuseppe. Aveva qualche anno più di te. Gli piacevano moltissimo i
cavalli. Non aveva fatto niente di male. Sai qual era la sua unica colpa?
Essere figlio di suo padre.”
“Che
razza di colpa è? Anch’io sono figlio di mio padre…”
“
Ma Santino, il papà di Giuseppe, era un uomo d’onore e la sua famiglia era in
guerra con un’altra famiglia. Per punire Santino, il mostro ha fatto sparire
suo figlio.”
“Sparire
come?”
“Per
anni è rimasto un mistero. Un caso di “lupara bianca”. Quando una persona
sparisce nelle mani della mafia e non si sa che fine abbia fatto, si dice così:
“lupara bianca”. La fine di Giuseppe è rimasta un mistero, poi un giorno un
mafioso finito in carcere raccontò la verità e svelò come lo avevano fatto
sparire.”
“Come
papà?”
“Così.”
Papà
strappò la bustina, tirò fuori il dischetto d’aspirina, versò un po’ d’acqua
nel bicchiere e ci buttò dentro
l’aspirina che comincio a frizzare.
“Cosa
significa?”
Papà
non rispose. Restò a fissare il bicchiere, serio, finche il dischetto bianco
non si sciolse del tutto e l’acqua tornò limpida. Restai a guardare anch’io in
silenzio.
“Hanno
messo il corpo di Giuseppe in un bidone pieno d’acido, un liquido capace di
sciogliere qualsiasi cosa. E alla fine di Giuseppe non è rimasto più nulla.”
“Si
è dissolto come questa aspirina.”
“Come
questa aspirina. Non è rimasto più nulla.”
“Ma
era un bambino”
“E
non è ancora tutto. Voglio che tu
capisca subito che razza di mostro sta per combattere Giovanni. Chi ha ucciso
Giuseppe, l’ha tenuto in casa sua per settecentosettantanove giorni: gli dava
da mangiare e alla sera giocava con lui ai videogiochi. Un bel giorno gli ha messo una corda attorno
al collo, lo ha strangolato e poi lo ha gettato nel bidone dell’acido.
Capisci?”
No
che non capivo. “Come si fa a uccidere un bambino che ha per due anni ha
mangiato con te?”
“Ricordati
cosa diceva quel vecchio vocabolario: bestie, non uomini. Gente che uccide
parenti con un fucile da lupi e lascia i cadaveri tra i maiali. Animali tra gli
animali. Anzi, peggio. Perché gli animali uccidono per fame e per istinto,
mentre i cosiddetti uomini d’onore, che a differenza delle bestie possono
pensare, uccidono per odio e fame di potere. Giovanni non voleva lasciare la
sua città nelle mani di questa gente. Voleva che un giorno anche a Palermo
valesse una legge sola: la legge giusta. Per questo ha speso tutta la sua vita
a combattere il mostro.”
Descrizione di un luogo
(Capaci dopo l’attentato di sabato 23 maggio 1992- pag. 118/119)
Salimmo sul gippone, ma papà non mise in moto. Prese lo
zaino e tiro fuori un vecchio giornale. In prima pagina c’era una foto enorme,
quadrata. Riconobbi i due cartelli verdi che avevamo proprio davanti al
gippone: quello con la scritta “Palermo” e la freccia dritta e quello con la
scritta “ Capaci” e la freccia piegata verso destra. Il resto era tutto
diverso, a cominciare dalla strada che non si vedeva più: neppure un pezzetto
di asfalto, solo zolle di terra, come nei campi quando passa il trattore. E in
mezzo a quel campo si vedevano due auto senza vetri, bruciacchiate, mezze
accartocciate come le vedi dagli sfasciacarrozze, mezze ricoperte di terra. I
guardrail non erano più belli dritti ai lati della strada, ma si
attorcigliavano nel campo come serpenti di ferro.
La terra che stava sotto aveva coperto l’asfalto che stava
sopra. Come mi aveva detto papà: Palermo è una città a testa in giù. Gli
skateboard che dovrebbero servire ai bambini per giocare qui li usano i grandi
per sistemare le bombe; i bambini che dovrebbero vivere più dei grandi, qui
spariscono come aspirine. Anche i due cartelli verdi e le loro frecce
spiegavano che il mio è il mondo dell’incontrario: gli uomini – bestie
proseguono dritti fino a Palermo a fare festa, gli uomini capaci si fermano qui per sempre. Forse è un pensiero stupido, ma
questo mi venne in mente davanti al giornale che papà aveva tirato fuori dallo
zaino.
Incipit
“Papà entrò
in camera mia dopo cena. Seduto alla scrivania, stavo ripassando la lezione di
storia.”
Ultime righe
“…Ora
siamo noi che condividiamo un segreto ed è papà a non conoscere la vera storia
del mio peluche.
Un giorno gliela racconterò. Quando compirà cent’anni,
credo.”
Valutazione
analitica
Ho
trovato questo libro molto originale e interessante: raccontare con parole
semplici ad un ragazzino che ha soltanto dieci anni che cosa è la mafia, come
condiziona la vita in Sicilia, e soprattutto quale è stata la vita di Giovanni
Falcone, un grande magistrato che l’ha combattuta.
Per
me Giovanni Falcone è stato un eroe e ha lasciato un messaggio di coraggio e di
speranza.
Il
libro mi piaciuto tanto, e lo consiglierei a tutti quelli come me, a cui
piacciono le storie contemporanee.
Valutazione
olistica
*****
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