Immagina di poterti spostare dovunque solo premendoti il naso o strizzando un occhio.
(3 da TTCT: Torrance Tests of Creative Thinking)
Uno scafandro e uno scalpello
di Ippolito
C’era uno strano
bambino con gli occhiali rossi. Un giorno andò
dal professor Pictemburg che disse: “ Ciao, bimbo con gli occhiali rossi,
ho scoperto una formula per viaggiare in poco tempo: strizza l’
occhio sinistro e premi il naso”.
Egli aveva una
bombetta, giacca a righe marroni, due baffi a spirale, una valigetta e un
papillon verde. Lo strano uomo aggiunse: “Quando vai per il mondo mi
prenderesti:
· un ossicino dal cimitero dei fossili
(Canada)
· una pietra lunare (luna)
· qualche foglia di Eucalipto
(Australia)
· un Conus Bengalesius (golfo del
Bengala)
· Campioni di Zooplancton (Scozia).
Poi aggiunse: “Ti serviranno: un casco lunare, uno scafandro, un sacco, una
fiala, uno scalpello e una scaletta”.
Il bambino, arrivato in Canada, non vide “il cimitero dei fossili”, ma
una foresta boreale. Là vide muschi e licheni che crescevano rigogliosi, in
passato sarebbe stato un habitat perfetto per i dinosauri del Cretaceo,
le felci aumentavano e proprio quando esse ricoprivano tutto ecco
scorgere un deserto, là prese l’ ossicino e mise il casco per andare sulla
luna.
Là sarebbe stato facile se non era per la gravità. Finalmente prese la pietra e
andò in India.
Sotto l’oceano indiano notò pesci coloratissimi e si distrasse, poi la
corrente fece sbattere qualcosa sul vetro: era la conchiglia che cercava,
la prese e andò in Australia.
Vide un deserto, ma là si nascondevano molte creature: Molok,
lucertole, lucertole, barbute, ragni, e “talpe albine marsupiali”.
Avvicinandosi alla foresta prese le foglie e andò in Scozia.
Le coste erano
ripide, ma riuscì a prendere il campione. Tornò a Parigi e
diede il materiale al professore.
Con una grande valigia
di Beatrice
“C'era una volta una graziosissima città:
le case erano tutte colorate, dalle loro finestre si affacciavano fiori di
tutti i colori e le persone erano solari e gentili” leggeva Elena con un filo di voce. Elena era
una ragazza di undici anni e mezzo, aveva i capelli dritti come dei fusi e di
un colore che andava dal castano scuro d'inverno, al biondo d'estate. Aveva gli
occhi verdi e un bel sorriso.
Era un po' invidiosa delle persone di cui
parlava il libro: lei viveva in una città molto grigia e piena di smog. Dalle
finestre delle case non era appeso nemmeno un fiore e le persone erano fredde e
scortesi.
Insomma, le sarebbe piaciuto cambiare aria,
magari andare in campagna, dove non c'è il rischio di venire quasi investiti da
un motorino scagliato a cento all'ora. A un certo punto le
venne in mente un libro di magia che aveva letto tanto tempo prima.
Sfogliandolo, Elena vide che c'era anche una pagina che spiegava che per
cambiare posto bastava strizzare un occhio (chi non ci riusciva poteva toccarsi
la punta del naso) e pensare intensamente al posto in cui si voleva essere
trasportati.
"Non funzionerà mai!" disse Elena, ma provò
ugualmente: si sentì risucchiata da un turbine d'aria potentissimo, aprì gli
occhi e si trovò in un deserto vastissimo, il posto che aveva pensato. Non pensando che, se la magia non avesse più
funzionato, non sarebbe mai più tornata indietro.
Elena era senza parole: non si era mai
sentita così eccitata e pensò subito ad un altro posto dove andare a fare una
bella vacanza...NEW YORK! Prima però volle avvisare i genitori e prendere una valigia
grande, perché aveva intenzione di stare in vacanza per tanto tempo.
Era emozionatissima per il suo progetto e sperava tanto che i suoi genitori
dicessero “sì”. Infatti, dopo tante
raccomandazioni del tipo: “lavati sempre i denti, non dare retta agli
sconosciuti e non mangiare troppi hamburger”,
dissero che poteva andare e fare la sua vacanza da sogno.
Elena visitò New York, Londra, Parigi, Caraibi
e molti altri posti, e alla fine della vacanza, tornò a casa con una quantità
immensa di cartoline e souvenirs. Da grande andò diverse volte in prima pagina
sui giornali più famosi, perché solo lei riusciva a fare una cosa simile.
di Cecilia
Nel 1990, una ragazza di nome Erica
aveva qualcosa di strano che nessuno ha mai capito. Erica era una ragazza diciottenne che aveva lunghi
capelli neri, occhi cristallini come il ghiaccio ed era alta e magra. Amava
vestirsi in modo sportivo, ovvero con jeans e magliettine, e odiava vestirsi
con gonne o cose di quel genere. Erica profumava spesso di vaniglia, un’essenza piacevole. Era una ragazza indipendente e
amava poco la compagnia. Viveva con sua nonna Chiara, anche se non le era di nessuna compagnia perché era molto malata.
Io,
Cecilia, sono la sua migliore amica.
Amiamo tutte e due le stesse
cose, anche se fisicamente siamo molto diverse. Io
ho diciotto anni come lei, ho i capelli ricci marroni e lunghi, occhi castani,
adoro stare nella natura e ho un carattere strano: con chi è mio amico vado
molto d’accordo, invece con chi non mi sopporta divento un po’ aggressiva.
Me lo ricordo in modo molto preciso,
era il 24 gennaio 1990 alle ore 21,30, quando mi disse che lei era diversa da
tutti. Io non capivo… “ Che cosa intendi, Erica? ” le chiesi. Lei non rispose,
ma poi a un certo punto disse: “ Io te lo dico se tu mi prometti che manterrai
il segreto” “ Certo, Erica” le risposi io. “ Con diversa intendo che ho dei
poteri magici” mi disse. Io aspettai a rispondere, ma poi le dissi: “Che bello: ho un’amica magica!”.
Lei
sorrise e mi disse che era contenta di poter condividere il suo segreto con un’amica. Allora
iniziò subito a raccontarmi da quanto tempo aveva tenuto nascosto il segreto
(quattro anni) e che cosa riusciva a fare con la magia: cambiare aspetto, far
fare agli altri quello che voleva lei, avere tutti i ragazzi intorno… Io le chiesi quale era la sua magia preferita
e lei mi rispose che era quella di potersi spostare da un luogo all’altro
premendosi il naso o strizzandosi un occhio.
Le dissi che ora capivo come mai lei spariva di continuo! Lei sorrise. La
nostra amicizia non aveva più nessun segreto, e noi ci promettemmo che non
avremmo mai più nascosto qualcosa all’altra.
Un regalo di compleanno
di Sarah
C'era una volta
in un epoca lontana una città di esseri magici. Tra questi c'era un bambino che
aveva grandi problemi con la magia, ma, nonostante ciò, desiderava girare il
mondo. Si chiamava Giacomo: era basso e paffutello con molte lentiggini sulle
guance, aveva occhi verdi smeraldo e capelli ricci biondi sempre in disordine.
Giacomo era un bambino ricco di desideri e aveva questo grande sogno: girare il
mondo, però voleva anche risolvere il suo grande problema con la magia.
Alla festa del suo decimo compleanno invitò tutto il paese e chiese come regalo l'arte di usare la magia su se
stesso: così avrebbe potuto girare il mondo. Il grande problema di Giacomo era
quindi che sapeva far magie per tutti, ma non per se stesso e non ne sapeva la
ragione. I suoi amici, ormai maghi esperti, lo volevano aiutare ma non sapevano
come fare. Sfogliavano libri, libroni guardavano nei cassetti, ma niente, del
perché di Giacomo non si trovava nulla.
C'era solo un modo che avrebbe risolto il problema: sorvolare con la scopa magica il mondo e poi arrivare dal re dei maghi, che avrebbe
sicuramente trovato un modo per realizzare il desiderio di Giacomo. Una mattina in pieno inverno sotto la
pioggia i maghi si offrirono di accompagnarlo.
Sorvolarono la città e, dopo due giorni, arrivarono da Augusto, il re
dei maghi. Gli spiegarono tutto e lui, guardando e riguardando i suoi libri,
capì il suo problema e dopo un giorno a Giacomo arrivò la magia che tanto desiderava. Era
contentissimo perché così poteva girare
il mondo in pochissimo tempo. I suoi amici maghi gli proposero di provare la
nuova magia: se strizzi un occhio o ti premi il naso, come per magia, ti trovi
da tutte le parti del mondo che vuoi. Strizzando un occhio si trovò in America;
premendo il naso, si trovò in Asia e così via. Con lui a girare il mondo si
portò tutti i suoi amici maghi che l'avevano aiutato. E da allora fu il bambino-mago
più felice di quell'epoca.
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