Gioacchino Belli (Roma,
1791 – 1863)
Er lavore
Nun vojjo lavorà: ccosa ve dole? [2]
Pe sta vita io nun me sce sento nato.
Nun vojjo lavorà: mme sò spiegato,
o bbisoggna spregacce[3] antre[4] parole?
Pe sta vita io nun me sce sento nato.
Nun vojjo lavorà: mme sò spiegato,
o bbisoggna spregacce[3] antre[4] parole?
A ddiggiuno sò ffiacco de stajole; [5]
e ddoppo c’ho bbevuto e cc’ho mmaggnato,
tutto er mi’ gusto è dde stà llí sdrajato
su cquer murello che cce bbatte er Zole.
e ddoppo c’ho bbevuto e cc’ho mmaggnato,
tutto er mi’ gusto è dde stà llí sdrajato
su cquer murello che cce bbatte er Zole.
Note
- Il lavoro.
- Cosa volete?
- Spregarci.
- Altre.
- Gambe.
V. Gassman legge G.G. Belli, Er giorno der Giudizio
Un'altra lettura
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Er giorno der giudizzio
Quattro angioloni co le tromme in bocca
Se metteranno uno pe cantone
A ssonà: poi co ttanto de vocione
Cominceranno a dì: "Fora a chi ttocca"
Allora vierà su una filastrocca
De schertri da la terra a ppecorone,
Pe ripijà ffigura de perzone
Come purcini attorno de la biocca.
E sta biocca sarà Dio benedetto,
Che ne farà du' parte, bianca, e nera:
Una pe annà in cantina, una sur tetto.
All'urtimo uscirà 'na sonajera
D'angioli, e, come si ss'annassi a letto,
Smorzeranno li lumi, e bona sera.
Il giorno del giudizio
Quattro grandi angeli, con le trombe in bocca,
Si disporranno ai quattro angoli dell'universo
A suonare: poi con una gran vociona
Cominceranno a gridare: "Sotto a chi tocca".
Allora comincerà a venire su una lunga fila
Di scheletri da sottoterra, camminando carponi
Per riprendere la forma umana
Raggruppandosi come fanno i pulcini con la chioccia
E questa chioccia sarà Dio benedetto
Che li dividerà in due parti, buoni e cattivi
Questi da sprofondare all'inferno e quelli da mandare in Paradiso
Alla fine verrà una schiera
D'angeli e, come quando si va a dormire,
Spegneranno tutte le luci e buona notte!
Er giorno der giudizzio
Quattro angioloni co le tromme in bocca
Se metteranno uno pe cantone
A ssonà: poi co ttanto de vocione
Cominceranno a dì: "Fora a chi ttocca"
Allora vierà su una filastrocca
De schertri da la terra a ppecorone,
Pe ripijà ffigura de perzone
Come purcini attorno de la biocca.
Quattro angioloni co le tromme in bocca
Se metteranno uno pe cantone
A ssonà: poi co ttanto de vocione
Cominceranno a dì: "Fora a chi ttocca"
Allora vierà su una filastrocca
De schertri da la terra a ppecorone,
Pe ripijà ffigura de perzone
Come purcini attorno de la biocca.
E sta biocca sarà Dio benedetto,
Che ne farà du' parte, bianca, e nera:
Una pe annà in cantina, una sur tetto.
Che ne farà du' parte, bianca, e nera:
Una pe annà in cantina, una sur tetto.
All'urtimo uscirà 'na sonajera
D'angioli, e, come si ss'annassi a letto,
Smorzeranno li lumi, e bona sera.
D'angioli, e, come si ss'annassi a letto,
Smorzeranno li lumi, e bona sera.
Il giorno del giudizio
Quattro grandi angeli, con le trombe in bocca,
Si disporranno ai quattro angoli dell'universo
A suonare: poi con una gran vociona
Cominceranno a gridare: "Sotto a chi tocca".
Allora comincerà a venire su una lunga fila
Di scheletri da sottoterra, camminando carponi
Per riprendere la forma umana
Raggruppandosi come fanno i pulcini con la chioccia
E questa chioccia sarà Dio benedetto
Che li dividerà in due parti, buoni e cattivi
Questi da sprofondare all'inferno e quelli da mandare in Paradiso
Alla fine verrà una schiera
D'angeli e, come quando si va a dormire,
Spegneranno tutte le luci e buona notte!
La fonte iconografica del sonetto
A
una prima considerazione verrebbe da pensare che Belli, nella
descrizione di questo Giudizio universale, si sia rifatto al famoso
affresco di Michelangelo soprattutto per il verso iniziale di quei quattro angeloni che richiamano le immagini statuarie del pittore della Cappella Sistina; ma basta poco per capire che non è così quando il rimanente del verso descrive un universo con quattro cantoni
dando una limitazione spaziale più congeniale alla mente semplice del
plebeo romano che molto probabilmente, al contrario del poeta, non era
mai entrato nella Sistina. La critica letteraria ha infatti osservato
come la descrizione del giudizio, nel proposito di Belli di mantenersi
distinto dal suo protagonista plebeo, si rifà piuttosto a un qualche
quadro barocco
presente in una delle tante chiese romane che colpiva per i suoi toni
enfatici, molto di più delle forme classiche michelangiolesche, la
fantasia popolare. La conferma verrebbe poi anche dalla descrizione dei
trapassati come una filastrocca de schertri a pecorone raffigurazione tipica della iconografia della morte diffusa nell'età della Controriforma, che nella Roma ottocentesca del Belli è ancora viva e operante.
Ma è molto probabile
che un'ulteriore e diretta fonte iconografica possa vedersi negli
affreschi di Luca Signorelli per la Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto,
che Belli, nei suoi frequenti viaggi giovanili verso le Marche e nei
successivi in Umbria a trovare il figlio Ciro studente, aveva visitato
spinto, forse, anche da un certo interesse di documentazione
"etnografica" nei confronti della reliquia del miracolo eucaristico di Bolsena ivi conservata.
La conoscenza dell'affresco de "La resurrezione della carne", è
testimoniata dalla forte affinità che si riscontra con i versi del
sonetto: la presenza dei grandi angeli con le trombe in bocca (in questo caso due, data la bidimensionalità del dipinto, ma che rimandano alle due schiere dei santi e dei reprobi che vanno formandosi), ma, soprattutto, gli scheletri che escono carponi dalla terra, si rialzano e riprendono la loro figura umana e, per finire, la sonagliera di angeli che turbina sullo sfondo.
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