Cecco Angiolieri e Fabrizio De André
"S'i fosse foco, arderei 'l mondo"
di Cecco Angiolieri
Altro video con qualche spiegazione
S’i fosse fuoco, arderei ‘l mondo;
s’i fosse vento, lo tempestarei;
s’i fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i fosse Dio, mandereil’ en profondo;
s’i fosse vento, lo tempestarei;
s’i fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i fosse Dio, mandereil’ en profondo;
s’i fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristiani imbrigarei;
s’i fosse ‘mperator, ben ordinerei
tagliarme lo capo a tondo a tondo.
S’i fosse morte, andarei a mi’ padre;
s’i fosse vita, non starei con lui;
similemente faria da mi’ madre.
ché tutti cristiani imbrigarei;
s’i fosse ‘mperator, ben ordinerei
tagliarme lo capo a tondo a tondo.
S’i fosse morte, andarei a mi’ padre;
s’i fosse vita, non starei con lui;
similemente faria da mi’ madre.
Si fosse Miglieruol com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
e vecchie e laide lasserei altrui.
torrei le donne giovani e leggiadre:
e vecchie e laide lasserei altrui.
Vita di Cecco Angiolieri
Cecco Angiolieri nasce a Siena attorno al 1260, da una ricca famiglia di
banchieri; si hanno poche notizie sulla sua vita, che comunque fu
piuttosto movimentata e violenta.
Cecco crebbe e si formò secondo i modi d’allora e volto a impossessarsi della cultura vigente (in particolar modo le arti del trivio e del quadrivio), come rivela e documenta la sua produzione poetica. Milita come alleato dei Fiorentini contro Arezzo nel 1288, e qui probabilmente conosce Dante, che sfida a una tenzone di sonetti. Nel 1281 era fra i senesi che militavano contro i ghibellini asserragliati nel castello di Turri di Maremma, e fu più di una volta multato per essersi allontanato dal campo senza la dovuta licenza. Lo troviamo ancora colpito da multe in città l’anno successivo (1282), ed esattamente l’11 luglio, per essere stato trovato ancora in giro di notte dopo il terzo suono della campana del Comune. Altra multa gli fu comminata nel 1291 in circostanze analoghe.
Sono questi gli anni ai quali risale pressoché per intero la sua produzione poetica, almeno quella che ci è pervenuta.
Uomo frivolo e spensierato, disordinato e dissipatore, ebbe come ideale di vita tre cose solamente, la donna, la taverna e il dado (sono parole dello stesso Angiolieri); tuttavia ci ha lasciato un ricco canzoniere, dal quale risalta anche il suo romanticismo di vita nell’amore per una Becchina, figlia di un cuoiaio. Nelle sue rime frequente è il motivo dell’odio verso i suoi genitori, velato da un profondo senso di malinconia.
Cecco crebbe e si formò secondo i modi d’allora e volto a impossessarsi della cultura vigente (in particolar modo le arti del trivio e del quadrivio), come rivela e documenta la sua produzione poetica. Milita come alleato dei Fiorentini contro Arezzo nel 1288, e qui probabilmente conosce Dante, che sfida a una tenzone di sonetti. Nel 1281 era fra i senesi che militavano contro i ghibellini asserragliati nel castello di Turri di Maremma, e fu più di una volta multato per essersi allontanato dal campo senza la dovuta licenza. Lo troviamo ancora colpito da multe in città l’anno successivo (1282), ed esattamente l’11 luglio, per essere stato trovato ancora in giro di notte dopo il terzo suono della campana del Comune. Altra multa gli fu comminata nel 1291 in circostanze analoghe.
Sono questi gli anni ai quali risale pressoché per intero la sua produzione poetica, almeno quella che ci è pervenuta.
Uomo frivolo e spensierato, disordinato e dissipatore, ebbe come ideale di vita tre cose solamente, la donna, la taverna e il dado (sono parole dello stesso Angiolieri); tuttavia ci ha lasciato un ricco canzoniere, dal quale risalta anche il suo romanticismo di vita nell’amore per una Becchina, figlia di un cuoiaio. Nelle sue rime frequente è il motivo dell’odio verso i suoi genitori, velato da un profondo senso di malinconia.
Cecco è sicuramente il più noto, e forse
anche il più efficace, felice e fortunato rappresentante fra il Due e
Trecento della poesia comico-giocosa, conforme alla
mentalità retorica dell’ultimo Medioevo. Una poesia cioè d’argomento e di linguaggio realisticamente
quotidiano e dialettale (” comico “) in toni scherzosi e burleschi.
Più che autentica poesia, la critica moderna scorge nell’Angiolieri arte, genialità, brio, sbrigliata caricatura.
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